Visto che ultimamente non riesco a farmi dare retta da Varesenews, a scanso di equivoci, pubblico la lettera che ho inviato a proposito degli incidenti di Luino
tra islamici e ambientalisti, se qualcuno ha commenti da inviarmi, solito indirizzo.
multauli1974@yahoo.it.
Egregio Direttore,
Le scrivo da lettore costante e affezionato di varesenews, non riuscendo a nascondere un certo sconcerto per la pagina delle lettere che ho appena finito di leggere.
Mi domando infatti se sia considerato normale, dai suoi lettori, giustificare l’aggressione fisica verso esseri umani che esercitano una pratica religiosa, per quanto discutibile sotto molti punti di vista, in nome della non violenza verso alcuni animali?
Si crede di potere spacciare per progressista un discorso profondamente discriminatorio, liquidando una questione di confronto culturale con la richiesta di sostituzione di un sindaco che si è limitato a fare rispettare la legge ( come ben specifica il vostro articolo), o dando profondità al proprio razzismo con parole altisonanti declinate oltretutto in modo scorretto ( si dice “barbarie“, non ha un singolare).
Verrebbe da dire che, se si vuole difendere la nostra cultura dal contatto con le altre bisognerebbe almeno parlare un italiano un pò più corretto, oltre a ricordare quel valore che realmente, dal 18° secolo, distingue la cultura europea da molte altre: la tolleranza.
Siamo in un paese dove migliaia di mucche e maiali vengono allevati in strutture di sfruttamento intensivo e passano la loro intera esistenza in condizioni che le stesse leggi vigenti vieterebbero.
In nome di tradizione folcroristiche, in Spagna si pratica la corrida, in nome della buona cucina si dissanguano i volatili in tutta Europa, le aragoste vengono bollite vive... pratiche che io non condanno personalmente ma mi domando: qual’è la differenza tra tutto questo e la cerimonia islamica di Luino?
Semplice: questa non è stata motivata da ragioni di buona cucina o dal folclore locale, bensì dalla fedeltà a un’antica tradizione religiosa (più antica, si badi, dell’islam stesso).
Insomma la cerimonia di oggi ha dato il fiato a una xenofobia che, se non ammantata da un finto animalismo, non avrebbe avuto il coraggio di esprimersi.
Ciò che realmente manda in bestia alcuni è che, non solo questi musulmani abbiano il coraggio di venire a turbare con la loro presenza le verdi colline d’Insubria, ma addirittura cercano di tenere vive, seppure in privato o quasi le loro tradizioni e la loro fede... intollerabile!
Certo era quello che facevano i migranti italiani degli ultimi due secoli nella loro città d’adozione in nord Europa e nord america, spesso rigidamente protestanti, ma pare che questo ricordo sia ormai perso nella nebbia.
Vorrei solo dare un esempio di quanto situazioni del genere siano assurde e inqualificabili:
Nella repubblica islamica dell’Iran, regime odioso e teocratico, vige ovviamente il divieto islamico di riprodurre immagini dei santi e dei profeti, , perché vietate dal corano che si preoccupa di evitare l’adorazione di idoli fisici, come le immagini, a scapito di quelli spirituali, come i profeti e dio stesso,.tra loro Gesù cristo, profeta secondo solo a Maometto per gli islamici.
Bene, la locale comunità cristiana ( armena e caldea) che conta alcune centinaia di migliaia di fedeli, può serenamente, e ogni volta che la liturgia lo richieda, mostrare ed esibire crocifissi e icone e se qualche esaltato fondamentalista tentasse di impedirglielo incorrerebbe nelle attenzioni della temuta polizia del regime.
Là una libertà viene concessa agli appartenenti a una minoranza e non agli altri.
Qui dovrebbe essere lo stesso ma qualcuno si indigna, qualcun’altro si mette il cervello sotto le scarpe e da la parola ai bastoni, qualcuno vorrebbe, evidentemente, ridurci peggio dell’Iran, solo perché non trova altre motivazioni alla propria fede e altra identificazione della propria nazionalità che non nell’odio del diverso.
L’Italia ha, nel mondo, un immagine ancora di apertura e tolleranza, trovo che chi la sporca col razzismo ne disonori l’essenza e si dimostri meno italiano di tanti migranti che si sono perfettamente integrati anche conservando la loro fede.
Mauro Sabbadini