26 agosto, Enzo Baldoni
mentre scrivo è appena iniziata la giornata del 26 agosto, una data che per me e per molti altri ha un signifato particolare: il 26 agosto 2004 è la data, presunta, della morte di Enzo Baldoni, giornalista, copywriter, scrittore, persona eccezionale.
Non starò a raccontare delle ragioni e delle circostanze per cui consideravo Enzo un amico, pur non avendolo mai incontrato di persona, ma a lungo frequentato per corrispondenza, su internet, e leggendo i suoi libri, i suoi blog e le sue traduzioni.
Enzo Baldoni è stato ucciso in Iraq, dove si trovava da privato cittadino, da giornalista freelance, al seguito di un convoglio della Croce Rossa Italiana, è stato sequestrato, assassinato con il suo interprete e senza dare alla famiglia, ai genitori, alla moglie e ai figli, nemmeno la consolazione di poterne seppellire le spoglie.
Si potrebbe a lungo discutere delle circostanze, ancora non chiarite, di quella morte; dei suoi responsabili, e delle omissioni e incopetenze per le quali, dall'Italia, non venne certamente fatto tutto il necessario per salvarlo, come invece sarebbe accaduto nei mesi successivi con altri ostaggi.
Io però scrivo con altri propositi, scrivo perchè, in un Paese che a volte sembra avere perso la ragione, credo non si debba perdere la memoria, non la memoria di un eroe almeno, un eroe della libertà di informazione e del libero pensiero, un uomo che era andato in Iraq (come, prima d'allora, a Timor o in Colombia) per vedere di persona, e raccontare, “come stavano veramente le cose”.
E scrivo perchè questa memoria è più che in pericolo in questo Paese. Sembra, a soli 5 anni di distanza, già persa. In cinque anni nessun politico, di destra, di centro o di sinistra, si è preso la briga di ricordare Enzo Baldoni, di sollecitare un'azione seria per il recupero dei suoi resti,di chiedere indagini che ne potessero assicurare gli assassini alla giustizia.
In cinque anni ci siamo dimenticati del Ministro degli esteri che, allora, non fece assolutamente nulla per riportare a casa il giornalista rapito (salvo preoccuparsi di avere i giusti riflettori se fosse stato liberato), tant'è che il ministro di allora è in carica ancora oggi.
Ci siamo dimenticati di chi lo aveva apostrofato, in pieno sequestro, dalla prima pagina di un giornale nazionale, con ingiurie immotivate e crudeli; ce ne siamo dimenticati al punto che, il personaggio, siede oggi in parlamento, nonostante una condanna penale per fatti gravissimi e la radiazione dall'Ordine dei Giornalisti, per altri fatti gravissimi.
Ci siamo scordati del Commisario della Croce Rossa che, all'epoca, millantò contatti, diffuse ottimismo, invitò a fidarsi di lui... mentre non stava facendo nulla.
E dello stesso Commissario che, mesi dopo, sostenendo di essere impegnato nella ricerca dei resti di Baldoni, millantò contatti, diffuse ottimismo, invitò a fidarsi di lui... mentre non stava facendo nulla. Un' altro che, nel frattempo, è stato eletto alla Camera.
Dalla sinistra silenzio, forse perchè Baldoni pur essendo senz'altro “uomo di sinistra”, era un personaggio troppo atipico e difficile da inquadrare, così diverso dallo stereotipo dell'eroe, da cadere facilmente nel dimenticatoio? O forse perchè non corrisponde alle concezioni di marketing poltico oggi accettate? Già, forse ricordare uno che aveva fatto lo scaricatore e anche l'imprenditore (con successo) mette in difficoltà gli stereotipi di qualcuno, sia in quella sinistra che parla molto di operai, sia in quell'altra che discute tanto di imprenditori.
Se ne sono dimenticati tutti, il Presidente della Repubblica di allora poi, si è persino dimenticato di rispondere a una lettera, scritta molto dopo la morte di Enzo, e firmata da alcune centinaia di suoi amici che chiedevano un ricordo, un riconoscimento.
Chidevamo, per Baldoni, una medaglia di cristallo, non così preziosa come quella d'oro assegnata al “contractor” Fabrizio Quattrocchi, ma più adatta a rappresentare la ricerca della verita che ha condotto Enzo alla morte, una morte che non desiderava, come Ilaria Alpi, Giancarlo Siami o Mauro Di Mauro, come Maria Grazia Cutuli o come Giuseppe Fava, tanti giornalisti italiani caduti nella ricerca della verità e nell'amore per la vita.
“Fortunato il popolo che non ha bisogno di eroi”,diceva Bertolt Brecht. L'Italia, pare, i suoi eroi li ha ancora ma poi innalza chi li ha lasciati soli.
Enzo Baldoni, ne sono sicuro, avrebbe preferito mille volte vivere una vita lunga che diventare un eroe. Così non è stato e credo che sia un preciso dovere di chi lo ha conosciuto, un dovere verso sua moglie e i suoi figli chiedere almeno che non venga dimenticato. E che sia un dovere ricordare che una Nazione che voglia considerarsi tale dovrebbe almeno impegnarsi per l'identificazione dei suoi assassini e il recupero delle sue spoglie.
Da non credente non ritengo che questo lo aiuterebbe a riposare in pace, credo però che aiuterebbe chi è rimasto a provare meno dolore e renderebbe questo Paese meno ingiusto di quanto non sia.
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